GIULIANOVA – CONSULTA COMUNALE DEI GIOVANI. C’E’ QUALCOSA DI NUOVO?

Nei giorni scorsi il Consiglio comunale di Giulianova ha approvato all’unanimità, non senza polemiche, l’ordine del giorno urgente firmato da due consiglieri comunali, contenente il regolamento per il funzionamento della Consulta comunale dei giovani. Se si pensa che tale mozione è stata approvata all’unanimità con due emendamenti dell’opposizione di sinistra (lo specifico perché i due consiglieri proponenti sono anch’essi di opposizione, ma non di sinistra), a prima vista sembrerebbe un fatto altamente positivo per la partecipazione dei giovani all’amministrazione pubblica, ma così non è. In più, osservando soprattutto gli ultimi avvenimenti (come la decisione sull’abbattimento dei pini, presa senza consultare i cittadini e ignorando le iniziative prese da partiti e associazioni dissenzienti), non si direbbe che l’Amministrazione Costantini sia davvero orientata a recepire la partecipazione di chiunque non sia d’accordo con le decisioni della maggioranza. Figuriamoci dei giovani. Ma andiamo per ordine.

Non mi dilungo sulla premessa della mozione, salvo ad evidenziare che l’Amministrazione comunale non ha solo un dovere “morale” a promuovere la partecipazione dei giovani. Vero che i proponenti nella mozione fanno qualche riferimento normativo, ma le loro deduzioni sono scarne. Non si dice, ad esempio, che la Costituzione e le fonti positive determinano obblighi giuridici (altro che morali) per tutti i soggetti della Repubblica (a partire dai comuni) di promuovere la partecipazione e la presenza attiva di tutti i cittadini, compresi bambini, fanciulli, adolescenti e giovani; di ambo i sessi e a prescindere da ogni diversità. Potrei fare riferimenti di diritto positivo e di giurisprudenza fino a domani mattina, ma provo a limitarmi: Artt. 1, 2, 3 secondo comma Cost; artt. 8, D.lgs. 267/2000; artt. 4, 9 (che fra l’altro impone il bilancio partecipativo) dello Statuto comunale; tutto il Titolo III che comprende gli articoli che vanno dal 10 al 35 dello Statuto; l’intero regolamento per la democrazia partecipativa. In questo, con particolare riferimento alla materia in argomento, si vedano gli articoli dal 48 al 52. Credo ce ne sia abbastanza per dire che la partecipazione popolare e giovanile sia un obbligo giuridico per tutti i comuni, a cui questa classe politica, purtroppo,  preferisce sottrarsi animata dalla corrente infatuazione autoritaria.

Nella mozione, peraltro, esiste un riferimento allo Statuto comunale e al regolamento per la partecipazione, sulla materia in questione, ma come ha fatto opportunamente notare l’opposizione di sinistra, esso è sbagliato. Si citano, infatti, l’art. 12 dello Statuto e l’art. 2 del regolamento, ma entrambe le fonti citate fanno riferimento all’istituto del Consiglio comunale dei ragazzi fino all’età di 15 anni. Questo si, eternamente ignorato dalle forze politiche che in questa Città hanno governato in questi ultimi venti anni. Paradossalmente, i proponenti lo dicono nel punto 3 della proposta, ma ci azzeccano sbagliando. Che confusione!

In realtà, i proponenti non sono gli inventori della Consulta dei giovani perché nel luglio 2004 il Consiglio comunale approvava lo Statuto del Forum dei giovani che lo stesso organo l’altro giorno ha abrogato. Anche questo è stato detto. Ora però vorrei focalizzare un altro punto che a me sembra uno snodo determinante per gli organismi di partecipazione popolare a tutti i livelli. Tali organismi, infatti, non possono essere veramente partecipativi se la loro forma organizzativa non ne  garantisce l’autonomia. Un Comitato di Quartiere, un Forum cittadino, una qualsiasi assemblea pubblica e, quindi, anche una Consulta, se nella loro struttura organizzativa comprendessero organi del Comune o rappresentanti di vari partiti inseriti come tali, non potrebbero dirsi indipendenti. È facilmente intuibile, infatti, che acquisire un parere, un’opinione, un suggerimento di qualsiasi soggetto partecipante da parte di chi decide, presupponga la più ampia libertà ed indipendenza di quel soggetto. Ne discende che la Consulta proposta dai due consiglieri non sia affatto un organo indipendente. Nel momento in cui si stabilisce all’art. 4 comma 6, infatti, che componenti necessari, pur senza diritto di voto, sono il Sindaco, l’Assessore alle politiche giovanili, tre consiglieri comunali, un dirigente del Comune si sarà costituito un organismo influenzabile dalla maggioranza politica del momento. Non ci si nasconda dietro inutili finzioni: come si può pensare che i giovani si avvicinino?

Questa tendenza al predominio assolutistico sugli organismi di partecipazione, tuttavia, è un po’ trasversale fra le forze politiche: anche con il Forum dei giovani del 2004, infatti, si creava un organismo malleabile e influenzabile dalla maggioranza di quel momento. Si stabiliva, infatti, che componenti di diritto dell’Assemblea (qui persino con diritto di voto) erano il Sindaco, un consigliere comunale di maggioranza e uno di minoranza. Poi gli stessi non avevano diritto di voto nel Consiglio del Forum, ma libertà e indipendenza erano già fritte lo stesso.

A tale tendenza, per fortuna, tentava di mettere argine il regolamento sulla democrazia partecipativa tutt’ora in vigore, con varie modifiche adottate nel tempo: in questo si stabiliva la completa autonomia delle Consulte da ogni ingerenza partitica. L’Assemblea dei componenti di tutte le consulte, infatti, avrebbero dovuto eleggere il rispettivo Presidente nel proprio seno; la presenza di Sindaco e dei rappresentanti politici ci sarebbe stata solo per invito permanente e comunque privati del diritto di voto (artt. 50, 51). Ma le cose non sono andate per il verso giusto: nella modifica del 2015, infatti, la maggioranza decideva di introdurre nell’articolo 48 il comma 8 che riporto: “Oltre alle consulte di settore relative alle forme associative di cui ai precedenti commi, ai sensi dell’art. 17 dello Statuto il Consiglio comunale può istituire altre consulte secondo differenti modelli organizzativi, sulla base della libera valutazione di merito e di forma da parte dell’organo di indirizzo politico”. L’effetto è stato distruttivo: tutte le consulte che nascevano dopo questa modifica erano improntate a quella tendenza assolutistica di cui sopra ho detto: presidenti nominati dal Sindaco, presenze partitiche in proporzione a maggioranze e minoranze e via dicendo. Compresa la Consulta per la Democrazia partecipativa che vide chi scrive Presidente, fino a quando non fu chiaro che non c’era più autonomia da difendere.

Risponderei così alla domanda posta nel titolo: non c’è niente di nuovo. I partiti sono destinati a morire di autoreferenzialità se non offrono finalmente ai cittadini (il Sovrano, è bene ricordare…) segni di reale e radicale discontinuità con il passato.